Stato di abbandono: decisiva la condizione psicologica del minore

In tema di adozione del minore, il giudice, nella valutazione della situazione di abbandono quale presupposto

per la dichiarazione dello stato di adottabilità, deve decidere compiendo un’analisi concreta e attuale, basata su indagini e approfondimenti riferiti alla situazione presente e non passata.

Non basta tenere in considerazione le capacità del genitore, ma occorre anche osservare lo stato psicologico del minore, la sua evoluzione, il permanere di problematiche non superate e gli eventuali rischi di regressioni o peggioramenti.

La Corte di Cassazione, con la sentenza del 29 settembre 2017 n. 22933, ha esaminato una vicenda giudiziaria complessa riguardante una minore, la cui madre era stata assente e spesso ricoverata a causa di patologie psichiatriche.

La bambina, era stata trasferita, in un primo momento, in una comunità e anche con il padre la relazione era minima.

La Corte d’Appello di Palermo aveva revocato lo stato di adottabilità della minore, disposto dal tribunale per i minorenni, che aveva ritenuto il padre, anch’egli affetto da alcune patologie, non consapevole dei bisogni della figlia e delle necessità di cura e accudimento della stessa.

Secondo la Corte territoriale, l’adozione si configura come extrema ratio e le istituzioni hanno l’obbligo di attuare tutte le misure di sostegno alla genitorialità.

Nella specifica situazione non poteva più ritenersi esistente lo stato di abbandono poiché il padre, era risultato idoneo a rivestire il ruolo paterno.

La CTU, infatti, aveva giudicato capace il padre di potenziare le sue competenze genitoriali, attraverso il supporto dei servizi sociali e la sua “presa in carico psico-sociale” da parte dei servizi di salute mentale.

La minore sarebbe rimasta comunque in affidamento temporaneo etero-familiare, con possibilità di avere contatti costanti e regolati con il padre.

La lieve patologia psichiatrica, da cui pure il padre era affetto (lieve psicosi schizofrenica cronica paranoidea) non avrebbe inciso sulla sua idoneità genitoriale.

In conclusione, secondo i giudici, il sincero legame affettivo del padre con la minore, e la sua volontà di mantenere con lei un rapporto genitoriale, poteva costituire la spinta del suo nuovo atteggiamento e stimolare quella collaborazione per la gestione del suo rapporto con la figlia, in un ambito allargato e con la presenza di più soggetti legittimati ad intervenire.

La sentenza

Fonte: altalex.com