Il viaggio tra i ragazzi risucchiati dai videogiochi e i loro genitori

Improvvisamente diventano asociali, si ritirano dentro la loro stanza, dove restano per gran parte del giorno, vestiti in pigiama. cyberbullismoEscono soltanto per mangiare, raramente per farsi la doccia. Lasciano la scuola e lasciano lo sport. Si alzano alle 2 del pomeriggio e restano svegli fino alle 5 del mattino. E se qualcuno prova a contrastarli, loro diventano aggressivi, arrivando persino alle mani. Eccoli i ragazzini risucchiati dai videogiochi, da internet e dai social network. Restano fino a 18 ore al giorno incollati al computer. Centinaia i giovani colpiti da questa dipendenza. Una patologia talmente recente, che non esistono ancora statistiche specifiche. «Mi alzo dopo pranzo, faccio colazione e poi torno a giocare fino all’alba» racconta uno dei tanti ragazzi incontrati al Policlinico Gemelli di Roma. Il primo ambulatorio italiano Proprio qui, nel gennaio 2016, è nato il primo ambulatorio italiano specializzato nella cura di adolescenti che presentano ritiro sociale, dipendenza da internet e psicopatologie legate al cyberbullismo. Abbiamo incontrato alcuni dei giovani presi in carico. Ragazzi normali, che però trascorrono giornate (e nottate) intere di fronte ai videogiochi. «I miei genitori mi hanno sequestrato tutti i giochi perché stavo cinque ore al giorno davanti al monitor – racconta un altro – Adesso mi è rimasto soltanto il cellulare, ma i giochi sul telefono non sono così belli come quelli sul computer. Darei tutto anche per poterci giocare soltanto un’ora al giorno». E poi ci sono i genitori, più consapevoli (e più disperati) dei figli. «Non sappiamo come fare – dice una mamma – Nostro figlio non esce più di casa, si rivolta a noi con aggressività e mi ha perfino messo le mani addosso». Ogni giovedì, in questo ambulatorio i medici e gli psicologi organizzano gruppi di ascolto e di confronto, dove si tenta di superare i disagi che hanno portato i ragazzini a rinchiudersi in casa. La dipendenza del terzo millennio È la dipendenza del terzo millennio, quella a cui rischiano di andare incontro i giovani d’oggi. L’abuso di videogiochi è in vertiginoso aumento. Comincia come un divertimento, all’inseguimento del videogioco più moderno e tecnologico. «Spesso non sono giochi creativi – spiega l’esperto Federico Tonioni, fondatore del centro al Gemelli e responsabile dell’area delle Dipendenze da sostanze e delle dipendenze comportamentali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – Si tratta invece di giochi eccitanti e compulsivi, quasi sempre giochi “sparatutto”, quelli in cui il protagonista uccide gli altri, usati dai ragazzini come valvola di sfogo della loro rabbia. Non si tratta di una vera dipendenza, ma piuttosto di un abuso». C’è una rabbia di fondo, tra questi ragazzini, una rabbia repressa che, quasi sempre, è la causa dell’isolamento sociale e del conseguente inchiodarsi al computer. «E questa rabbia – racconta Tonioni – molto spesso deriva dalle nuove forme di assenza genitoriale». Il rischio, spiegano gli esperti, è quello che i ragazzini sviluppino una personalità compulsiva ripetitiva e problematiche psichiche che possono sfociare nello scollamento totale dalla realtà. La fascia di età più a rischio è compresa tra i 10 e i 12 anni. I genitori Il ritiro sociale, spiegano gli esperti, è causato spesso da genitori eccessivamente apprensivi che preferiscono non far uscire i propri figli. Per pigrizia e per averli sotto controllo. E per paura di quello che c’è fuori. E così la Rete diventa lo spazio di socializzazione, e i giochi multiplayer sostituiscono quelli che, anni addietro, erano i giochi di strada: guardie e ladri si trasforma in gioco “sparatutto”, nascondino diventa un monitor da cui non distogliere lo sguardo. Quello che si faceva nel cortile sotto casa, oggi si tende a fare in digitale. E così la rabbia, tra le mura domestiche che difficilmente si aprono, si autoalimenta. I consigli Ma le cause del ritiro sociale sono molteplici ed è ancora difficile fare una casistica valida per tutti. Il consiglio del professor Tonioni è chiaro: «Invito i genitori a passare più tempo con i propri figli, a dedicare loro maggiore presenza fisica». Secondo Tonioni, «qualsiasi tipo di disarmonia affettiva negli adolescenti, ha una radice antica, e le radici riguardano tutte nuove forme di assenza genitoriale». Ecco perché, secondo Tonioni, è importante una comunicazione e una presenza più costante: «Sono gli adulti stessi ad essere stati sedotti da internet, e spesso si tende a trasmettere questa seduzione ai figli, perché non c’è una baby sitter più efficace, più formidabile e più a basso costo di un tablet, di un telefonino o di una qualsiasi applicazione digitale». Insomma, spiegano gli esperti, i videogiochi molto spesso non sono la causa del ritiro sociale dei figli, bensì l’effetto di un isolamento causato a sua volta da molteplici motivazioni, tra cui l’incapacità dei genitori di relazionarsi ai figli. Proprio come accade in Giappone, dove il fenomeno degli hikikomori, gli adolescenti che rifiutano il mondo e si chiudono in camere, coinvolge ormai quasi un milione di ragazzini. Un fenomeno drammatico, che in Italia è in aumento costante. Fonte: corriere.it