La legge 184 del 1983, all’articolo 1 commi 2 e 3 sancisce il diritto del minore a crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia precisando che “le condizioni di indigenza dei genitori non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia” e che pertanto, solo quando sia temporaneamente privo di un ambiente idoneo, può essere affidato ad un’altra famiglia.
La letteratura internazionale nell’ultimo ventennio ha confermato, a supporto di tale principio, l’idea che costruire ambienti familiari, educativo-scolastici e sociali ricchi di affetti, relazioni e stimoli contribuisce alla “qualità” dello sviluppo infantile e della società. La “genitorialità positiva” – come sottolineano le Linee di indirizzo nazionali per la promozione della genitorialità positiva – è il motore dello sviluppo umano.
Si inseriscono in questo solco gli interventi socio-assistenziali dell’assessorato al Welfare della Città di Torino a favore di minori e famiglie. L’obiettivo è la promozione benessere ed il riconoscimento del preminente interesse dei minori e il miglioramento della qualità del loro sviluppo all’interno della propria famiglia d’origine, riducendone il rischio di allontanamento e supportando i genitori in difficoltà in un percorso di miglioramento delle proprie competenze genitoriali. Ci sono infatti nuclei che, se sostenuti da operatori socio-assistenziali, possono apprendere nuovi modi adeguati alla crescita dei loro figli, all’essere genitori, allo stare insieme e alla gestione del loro quotidiano.
Le azioni che nel complesso la Città mette in atto, come emerge dai dati elaborati nel 2018 dall’assessorato al Welfare si possono dividere in tre tipologie: sostegno alla famiglia; accoglienza residenziale di genitori con figli; prestazioni in sostituzione della famiglia.
“Torino è una città che ha precorso i tempi iniziando, fin dal 1976, a promuovere i primi affidamenti di minori e bambini disabili – precisa Sonia Schellino, vice sindaca della Città di Torino -. L’Amministrazione sostiene le famiglie in difficoltà e i loro figli attraverso numerose tipologie di interventi per prevenire ed evitare gli allontanamenti o per favorire il loro rientro nel nucleo familiare”. “Talvolta è necessario, in questo contesto, l’apporto delle famiglie affidatarie, persone che scelgono di sperimentare una relazione di genitorialità sociale con un bambino prendendosene cura per un breve tratto della sua vita e a cui la Città assicura una serie di azioni per aiutarli nell’accudimento del bimbo” conclude la vice sindaca.
Nel capoluogo piemontese la percentuale di allontanamento dei bambini dalle loro famiglie tocca percentuali molto basse. Dai numeri riferiti all’anno 2018 emerge che i minori residenti a Torino sono 170.711, di cui coloro che non vivono con i genitori sono 1.335, pari allo 0,8%. Tra questi 163 sono affidati ai parenti, 219 sono minori stranieri non accompagnati, 55 vivono in comunità socio-riabilitative – e sono i bambini con disturbo di comportamento -, 21 sono i piccoli non riconosciuti, per un totale di 458 minori, pari allo 0,3 %. E ancora, se quest’ultimo totale viene sottratto a quello complessivo – 1.335 – abbiamo 877 minori, pari allo 0,5% che vivono fuori dal nucleo familiare per problemi di genitorialità. “Molti di questi poi sono ultra 15enni, a cui la legge attribuisce la facoltà di esprimere il proprio consenso rispetto alla loro collocazione” spiega Marina Merana, dirigente dell’area Politiche sociali dell’assessorato al Welfare. “I nuclei familiari ricevono 413 euro per ogni minore che raddoppiano nei casi di grave disabilità – continua Merana. Anche le famiglie comunità che, come da provvedimenti regionali possono accogliere, compresi i loro figli, fino a 6 minori per lo più preadolescenti, ricevono un rimborso maggiorato”.
I bambini che usufruiscono degli interventi messi in atto dai Servizi sono 12.249, dei quali 2.969 usufruiscono di assistenza economica, cure e prestazioni sanitarie, inserimenti lavorativi (i Servizi si occupano di ragazzi fino ai 18 anni) e sono conosciuti dai centri famiglie e antiviolenza.
Infine le azioni attivate dalle équipes minori e disabili ne coinvolgono 9.280: in particolare le prestazioni a sostegno della famiglia riguardano 7.476 minori.
Questo pacchetto di azioni comprende, tra i molti interventi, le cure familiari per bambini o ragazzi disabili gravi, che consistono nel riconoscimento di rimborsi spese ai genitori che si prendono cura dei loro bambini, magari rinunciando a lavorare. Con i ‘buoni servizio’ invece i nuclei familiari possono usufruire di servizi forniti da enti del privato sociale (ad esempio di operatrici socio sanitarie) o da Agenzie per il lavoro, come nel caso delle assistenti familiari per la gestione della quotidianità.
Inoltre vi è la possibilità che i minori siano seguiti a casa (educativa domiciliare): in questi casi, compresi quelli compartecipati dalla Sanità per ‘ritiro sociale’ o altre problematiche comportamentali, un educatore collabora con i genitori e il minore occupandosi di mantenere i rapporti con la scuola e gli operatori sanitari, valorizzando, nel contempo, le competenze genitoriali. Un’altra tipologia di interventi mira a coinvolgere i minori in attività diurne con obiettivi differenziati a seconda dei loro bisogni prevalenti di tipo aggregativo, educativo o socio riabilitativo (anche in questo caso definiti e finanziati anche dall’ASL).
Infine sono 169 i bambini che con un genitore, anche il padre, sono in affido residenziale in una famiglia, 288 in strutture e 12 in comunità terapeutiche per dipendenze.
“In conclusione si può affermare che gli interventi realizzati, corrispondenti a quei 1335 minori, solo nel 14,4% comportano l’allontanamento dai genitori e tenendo conto dei distinguo di cui sopra, solo nel 9,4% sono dovuti a difficoltà, riscontrate dai servizi nell’esercizio delle responsabilità genitoriali” conclude Merana.
Il complesso degli interventi socio-assistenziali a favore di minori e famiglie ha un costo per la Città pari a 25 milioni di euro annui, gran parte dei quali vanno a remunerare interventi professionali realizzati a domicilio o nelle comunità, nel rispetto degli standard regionali e delle previsioni dei contratti collettivi di lavoro. La quota destinata agli affidamenti, residenziali e diurni, che coinvolgono 2.012 bambini e ragazzi è pari a 4 milioni e 2mila euro, per una media pro capite di 158 euro al mese.
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