Gender e bambini: il sottile confine tra educazione e mistificazione

Su YouTube c’è un estratto di «Fa’afafine», spettacolo per l’infanzia che ha anche ottenuto, informa internet, il premio Scenario Infanzia 2014. Il video mostra in apertura una frase dal libro da cui Giuliano Scarpinato ha tratto idea e testo, un romanzo di Lori Douron. Prima frase «Siamo fortunati ad avere un figlio non conforme». A seguire, dopo un primo piano della madre che pretende indietro la sua scarpa davanti alla porta sbarrata della cameretta del figlio, si vede il figlio (8 anni nel testo) che saltellando, talvolta vestito da principessa talvolta da calciatore, dice che vuole andare a Samoa, dove «Voi potete essere maschio o femmina quando volete, ma come fate, è una magia, è un superpotere?» e «Non voglio più andare a scuola, voglio sposare Elliot». Lunedì mattina, a Udine, gli insegnanti hanno portato gli studenti delle terze medie, martedì a Pordenone invece c’erano i bambini di V elementare. Ottima l’intenzione: aprire alla tolleranza delle diversità sessuali le giovani menti. Ma il metodo non è discutibile? Come spiegò Elena Gianini Belotti in «Dalla parte delle bambine». facendo allora, nei Settanta, la rivoluzione, è vero che la nostra educazione tendeva (e in parte ancora tende) a determinare in base al genere le attività di gioco e i dettami educativi (per cui il maschio gioca con il fucile, il trenino e non piange etc.), condizionando la nostra identità di adulti. Ed è vero che gli studi scientifici vanno nella direzione di credere che esistano profili genetici in cui il genere non corrisponde agli attributi sessuali. Ma in una percentuale minima. Esattamente come esistono anche oggi gli ermafroditi. Mostrare come eroe e personaggio di riferimento un bambino che non è né maschio né femmina ma sceglie il suo sesso a giorni alterni è liberatorio? O è pressione culturale? Quanti bambini saranno in grado di capire che Alex non è un modello che si deve sforzarsi di imitare? Nella società delle libertà, scegliere il proprio genere sessuale è un diritto riconosciuto. Ma spiegarlo in questo modo ai bambini non è una forma di manipolazione? Veronesi pronosticava, entro 30 anni, una società in cui il genere sessuale non sarebbe più esistito. La moda e i comportamenti già ora segnalano questa direzione. Ma un bambino che non sa ancora bene chi è, è in grado di reggere la pressione psicologica di una storia in cui gli viene detto che può essere maschio e femmina a giorni alterni? E che questo «è un superpotere»? Il cammino della tolleranza è accidentato, ma le nostre scuole, rispetto solo a una generazione fa, hanno fatto molto. Le coppie di fidanzatini omo sono tranquillamente accettate, come l’outing del bello della scuola all’assemblea di istituto. Trasformare in eroe e modello un bambino che cambia genere a giorni alterni, non è una prevaricazione? E dire che questo bambino è come «un dinosauro, un unicorno e un ornitorinco», tutti e due i generi insieme, non è una mistificazione culturale? L’unicorno è la più preziosa specie animale, ma, diversamente da dinosauro e ornitorinco, non è mai esistito. Forse la tolleranza di genere si può insegnare in un modo meno compiaciuto. Quanto, in questa gioiosa operazione, gioca l’intenzione di essere più politicamente corretti del «politicamente corretto»? Mancando il pubblico delle scuole, questo spettacolo reggerebbe una tournée importante come questa, in 22 città? Siamo certi che questo approccio non danneggi chi è middlesex?