L’ultima notizia giunta sulle pagine della stampa è di pochissimi giorni fa: Maria Cellino, 75 anni, ha saputo da un giudice il nome e il cognome della donna che l’ha partorita e che non ha mai conosciuto. Un’altra ragazza invece, Luisa Velluti, di 29 anni, che stava cercando la madre naturale tramiteChi l’ha visto, si è vista recapitare una lettera anonima dalla donna che l’ha data alla luce e che le rivela di essere frutto di una violenza (in allegato la lettera odierna con cui Anfaa commenta questa vicenda, chiedendo ai figli di «comprendere ed accogliere una decisione che ha consentito loro di nascere» giacché «il desiderio anche profondo, di conoscere chi li ha messi al mondo deve sapersi fermare di fronte a questa decisione e non deve andare a sconvolgere l’esistenza di queste donne e dei loro cari»). Negli ultimi tempi si sono moltiplicati i casi di figli che si mettono alla ricerca dei propri genitori biologici o viceversa di madri o genitori che vorrebbero ritrovare un figlio andato in adozione molti anni fa: esistono blog, trasmissioni tv che ne hanno parlato, i social network che aiutano la ricerca e una cultura diversa, che sta cambiando anche la normativa. Già nel 2015 Ciai aveva creato uno sportello per sostenere la famiglia adottiva che ha intrapreso la ricerca delle origini, offrendo consulenza psicologica e giuridica, gestito da operatori esperti, mentre Arai aveva tradotto e curato “Faccia a faccia con Facebook: manuale di sopravvivenza per le famiglie adottive” (Franco Angeli) di Eileen Furslan, una guida pratica alla prevenzione e alla gestione del contatto attraverso i social network, rivolta a genitori adottivi e operatori dell’adozione. Un fenomeno in crescita, attorno a cui c’è molto dibattito.
Ora arriva un servizio per accompagnare le persone adottate nel percorso di ricerca dei genitori biologici. Il progetto è a cura dell’Istituto degli Innocenti di Firenze e finanziato dalla Regione Toscana: il servizio si chiama Ser.I.O. – Servizio per le Informazioni sulle Origini e mette a disposizione un team di esperti (consulenti giuridici, psicologi, assistenti sociali, archivisti) in grado di guidare e accompagnare nella ricostruzione delle informazioni sulle origini, in collaborazione con il Tribunale per i Minorenni di Firenze e di Genova e la rete dei Centri Adozioni, con i quali l’Istituto interagisce storicamente.
Nei primi sei mesi del 2017 quasi un centinaio di persone ha chiesto di vedere i documenti conservati nell’archivio per cercare tracce della storia di un “nocentino”: erano state 80 durante l’intero 2015. Nel caso in cui siano passati cento anni dalla sua nascita, la ricerca può essere svolta direttamente dai familiari accompagnati dal personale dell’Istituto degli Innocenti, utilizzando i fascicoli conservati nell’Archivio storico: la legge infatti prevede che oggi la legge assicura alla donna che partorisce in anonimato che la loro identità rimarrà segreta per 100 anni (dal 1950 ad oggi sono 90mila i neonati non riconosciuti). Ora si vorrebbe smussare quel segreto lungo 100 anni: a 18 anni un ragazzo che volesse avere informazioni sulla sua madre biologica, può avviare un iter tramite cui un giudice può rintracciare la donna e verificare con lei se intende sempre mantenere l’anonimato o se – sapendo che il figlio la sta cercando – svelare la sua identità.
Al momento però, quando la ricerca riguarda la propria storia personale e i cento anni non sono ancora trascorsi, la persona adottata deve fare domanda al Tribunale per i minorenni della propria città di residenza,mentre chi non è stato adottato può fare una semplice richiesta all’Istituto, il quale provvederà con il proprio personale a svolgere la ricerca e a fornire le informazioni consentite dalla legge. La persona potrà così ricevere copia dei documenti che lo riguardano, ma troverà segretate quelle informazioni che non possono essere comunicate, ad esempio il nome della madre in caso di parto anonimo.
Fonte: vita.it