Adolescenti in Italia: 10 emergenze e 10 proposte

L’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Filomena Albano, ha presentato questa mattina a Palazzo Madama la sua relazione annuale al Parlamento, alla presenza del Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati e di Vincenzo Spadafora, ex Garante Infanzia, alla sua prima uscita da sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle pari opportunità e ai giovani. La Garante era stata ricevuta già ieri mattina dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Dieci le criticità evidenziate in particolare dalla Garante Albano, su cui ha richiamato l’attenzione delle istituzioni e degli adulti. Dieci criticità, accompagnate da altrettante proposte.

  1. Affrontare l’emergenza educativa e introdurre la mediazione come materia scolastica.
  2. Attivare una regia contro le povertà minorili che crescono.
  3. Definire livelli essenziali delle prestazioni dei diritti civili e sociali uniformi in tutta Italia.
  4. Prevenire e contrastare le violenze sui minorenni.
  5. Nominare quanto prima i tutori volontari e distribuire uniformemente sul territorio i minori stranieri non accompagnati.
  6. Garantire diritti e affetti ai ragazzi fuori dalla famiglia di origine.
  7. Aiutare i figli di genitori separati: la risorsa dei “Gruppi di parola”.
  8. Affrontare i problemi legati alla salute mentale degli adolescenti.
  9. Introdurre in Italia un ordinamento penitenziario minorile.
  10. L’Autorità va ascoltata su atti e sulla formazione delle leggi in materia di infanzia e adolescenza.

Dottoressa Albano, l’emergenza educativa non pare una novità: cosa vuole sottolineare?
È una sottolineature strettamente legata al tema della mediazione e alla nostra proposta di introdurre la mediazione come materia scolastica. È una proposta che deriva dal fatto di aver sperimentato, in questi due anni, un progetto per diffondere la cultura della mediazione: si tratta di un mandato indicato nella stessa legge istitutiva dell’AGIA, quindi un compito specifico. Questo progetto è al secondo anno, i risultati sono sorprendenti, abbiamo visto accadere cose bellissime a partire dalla scatola della mediazione e lo spazio della mediazione.

Di che si tratta?
L’obiettivo è ridurre l’aggressività tra coetanei e dei ragazzi nei confronti degli adulti. Le scuole individuano uno spazio per la medizione, con una semplice scatola di cartone in cui i ragazzi che desiderano essere coinvolti mettono il loro nome: la novità rispetto ad altre esperienze è che qui il mediatore non è un adulto, ma ragazzi a loro volta, tipicamente di prima o seconda media. È un’esperienza che insegna il rispetto dell’altro.

Quante scuole sono coinvolte?
80 scuole e 8mila studenti nei vari progetti dell’Agia, incluso questo della mediazione.

E come vengono formati i mediatori “peer”?
Dentro al sistema di rete che ci caratterizza, abbiamo stretto un accordo con altre due associazioni, Gemme, composta di magistrati esperti in mediazione e l’Opera don Calabria: con loro abbiamo individuato dei mediatori professionisti che formano i bambini e ragazzi, di 1 e 2 media. In una prima fase, sono i ragazzi che vengono da noi per essere formati, nella seconda fase invece sono i mediatori adulti che vanno nelle scuole. Abbiamo iniziato con il lavoro sulla cultura della mediazione scolastica perché siamo convinti che sia più facile investire nei ragazzi perché loro poi insegnino agli adulti come diminuire l’aggressività, ma stiamo lavorando anche sulla mediazione penale, oltre che sulla mediazione famigliare. L’idea è di mettere al bando le forme crescenti di aggressività che contaminano i bambini, ma che li contaminano a partire dagli adulti.

In questo senso quindi è emergenza educativa?
Sì, e la vediamo anche nei numerosi segnali che denunciano l’emergere di una serie di criticità nell’esercizio del ruolo educativo dei genitori. Adolescenti sempre più soli, bambini che chiedono di essere ascoltati e di giocare, utilizzo non consapevole dei social media, adulti sempre più distratti o assenti… rappresentano indizi di una vera e propria emergenza educativa. Ci sono adulti e genitori che non riflettono sull’importanza del loro ruolo e loro per primi non sono custodi della riservatezza dei figli, ad esempio postando sui social immagini e notizie dettagliate relative ai figli. È vero, il genitore è titolare del consenso a utilizzare l’immagine dei figli, ma questo diritto e dovere va utilizzato con accuratezza, avendo cura di pensare che il diritto alla riservatezza è previsto dalla Convenzione di New York. I figli dovrebbero essere consultati.

Altro tema, attivare una regia contro le povertà minorili: è una annosa questione. La regia ancora non c’è?
Non solo una regia, le misure messe in campo contro le povertà devono essere interconnesse. Parlo delle misure nazionali ma anche di quelle regionali, territoriali, la dispersione di risorse. Il rischio della frammentazione è forte. Il coordinamento serve a ricondurre a unità, in vista dell’ottimizzazione delle risorse.

Perché ha indicato fra le priorità l’attenzione ai problemi legati alla salute mentale degli adolescenti? È anche questa una emergenza?
A fine 2017 abbiamo presentato un documento di studio e di proposta sulla salute mentale degli adolescenti, elaborato dal gruppo di lavoro attivato all’interno della Consulta delle associazioni e delle organizzazioni, istituita e presieduta dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. Per noi quella è stata una ricerca importante. Operare selezioni è difficile, come dicevo, perché i diritti sono tutti prioritari. La scelta sulla salute mentale degli adolescenti è derivata dal pensiero che questo segmento d’età rende la categoria ancor più invisibile e difficile da intercettare dalle istituzioni. L’esito è stata una foto della assoluta carenza di posti letto nei reparti ospedalieri di Neuropsichiatria Infantile, con la traumaticità del sempre più frequente ricovero di persone di minore età (anche al di sotto dei 16 anni) in reparti di psichiatria per adulti, ma anche l’assenza di una presa in carico precoce e di continuità, sia nel passaggio dei 14 anni sia nel passare dai percorsi residenziali a percorsi territoriali: quello di cui i ragazzi hanno bisogno è al contrario la continuità delle cure e dei percorsi, se si interrompe questa continuità è un danno, che pesa tutto sui ragazzi e le loro famiglie.

C’è un aumento delle problematiche connesse alla salute mentale degli adolescenti?
Dal nostro studio emerge un aumento soprattutto rispetto ad alcune categorie, purtroppo a rischio. Sono aumentati i comportamenti dirompenti, spesso resi esplosivi dal contemporaneo incremento dell’abuso occasionale di sostanze, che assume un ruolo significativo sia nella slatentizzazione del disturbo psichiatrico sia nella complessità della sua gestione. Sono comparse nuove modalità con le quali si manifesta il disagio psichico, attraverso la dipendenza da Internet, l’isolamento in casa, l’aggregazione in bande e molte altre forme. Sono sempre più numerose le condizioni che pongono i ragazzi a un rischio maggiore per la salute mentale, come la presenza in famiglia di un disturbo psichiatrico o di gravi problemi di salute, l’adozione – in particolare quella internazionale -, la situazione dei minorenni migranti e delle loro famiglie, portatori di un forte carico traumatico, e altre situazioni che, analogamente, determinano storie di vita altamente traumatiche, tra cui rientrano anche le separazioni ad alta conflittualità.

Fra le dieci criticità/priorità c’è anche l’invito a nominare quanto prima i tutori volontari e distribuire uniformemente sul territorio i minori stranieri non accompagnati, di cui abbiamo di recente parlato. Ci sono novità?
Sul fronte dei numeri, stiamo mettendo a punto un nuovo sistema di rilevazione dei dati e siamo a buon punto. Rinnovo l’invito a nomine tempestive e domani incontrerò i Presidenti dei Tribunali dei Minori per approfondire le tematiche relative ai tutori volontari di minori non accompaganti. Il rischio di avere il 42% dei minori non accompagnati concentrato nella sola Sicilia è che questo fagociti tutto il sistema, mentre invece c’è una possibilità di integrazione dal basso per questi ragazzi, fondata sulla volontà di tanti cittadini di mettersi in gioco.

Fonte: vita.it