Il corto circuito nei decreti attuativi della Cirinnà che non prevedono più il cambio di scheda anagrafica: «Così si toglie l’identità a figli e famiglia».
Serena Cavina Gambin, 32 anni, di Lecco, in autunno ha cambiato i documenti e ha dovuto avvisare tutti: banca, Poste, Ordine degli psicologi (di cui fa parte), Agenzia delle Entrate. Lo stesso è successo all’altro capo della penisola a Grazia Vaccaro Zervasi, 31 anni, siciliana di Gela. Sono tra le italiane e gli italiani che grazie alla legge Cirinnà hanno visto riconosciute le loro unioni con una persona dello stesso sesso e hanno assunto il cognome del partner. Adesso, pochi mesi dopo, si trovano costrette a rimettere sui documenti quello da single. Di nuovo.
La burocrazia
Colpa di un pasticcio burocratico che per Famiglie Arcobaleno (l’associazione dei genitori gay e lesbiche) «ha anche — afferma la presidente Marilena Grassadonia — un grande significato simbolico»: mentre il cosiddetto decreto ponte varato a luglio per permettere l’applicazione immediata della legge prevedeva che l’assunzione del cognome comune incidesse sulla scheda anagrafica, e quindi su documenti e il codice fiscale, i decreti attuativi emanati dal governo a gennaio non contemplano la loro variazione. È così anche per le mogli etero ma c’è un enorme differenza: per le madri lesbiche la marcia indietro significa cambiare il cognome dei figli.
«Ci siamo sposate a novembre quando io ero già incinta — racconta Grazia Vaccaro Zervasi — e abbiamo deciso che fossi io ad “assorbire” il cognome di mia moglie Conny proprio perché avrei partorito nostro figlio, che così ha ottenuto il doppio cognome. Finché non avremo una legge che riconosca anche il genitore non biologico per noi è importantissimo: dà un senso di appartenenza anche formale a nostro figlio». Così è stato anche per Serena Cavina Gambin e sua moglie Chiara, 46 anni: sposate in Portogallo nel 2014, hanno avuto l’unione trascritta in italia a settembre. Poco dopo è nata la figlia: «Ci sembra folle svegliarci una mattina e ritrovarci con il cognome mio e della nostra bambina modificato d’ufficio» dice Serena. A nulla vale l’obiezione che la scheda anagrafica non cambia neppure per i coniugi etero.
Il confronto
«Durante il voto sulla Cirinnà si è discusso molto del fatto che per le coppie gay sia stato tolto l’obbligo di fedeltà: noi l’abbiamo visto come un elemento innovativo, non perché vogliamo essere infedeli ma perché pensiamo che la fedeltà sia una scelta, non un obbligo — spiega sua moglie Chiara —. E abbiamo preso come una bella novità pure la possibilità del doppio cognome, anche se avremmo preferito poterlo assumere entrambe: sancisce simbolicamente l’esistenza della nostra famiglia».
Sull’adozione dei cognomi l’Italia sconta un ritardo anche per le coppie etero: «Siamo stati condannati nel 2014 dalla Corte europea dei diritti umani perché non era possibile dare al figlio quello della madre — dice Giacomo Viggiani, ricercatore all’Università di Brescia e autore di Nomen Omen. Il diritto al nome in Italia (Ledizioni) —. A dicembre c’è stata un’altra sentenza della Corte costituzionale, ma manca ancora una legge organica. Da tempo la giurisprudenza ha stabilito che il cognome fa parte dell’identità personale e quindi può essere mantenuto anche quando non ci sono più legami biologici (come nel caso di un figlio che si scopra illegittimo) e giuridici, per esempio dopo il divorzio».
Le cause legali
Per questo le coppie di Gela e Lecco intendono appellarsi ai giudici. «Annullare il cognome a Serena crea un danno a nostra figlia, perché le toglie il legame simbolico che ha con la mia famiglia. Anche per la nonna è fondamentale: mia madre sta organizzando il battesimo con il doppio cognome ed è pronta ad andare in causa con me» dice Chiara Cavina. «Un intervento d’ufficio sui registri di nascita viola i diritti soggettivi — aggiunge Maria Grazia Sangalli, legale delle due donne e presidente di Rete Lenford —. Ci aspettiamo i ricorsi di molte altre coppie».
Fonte: corriere.it