L’aiuto condiviso: evidenze oltre lo “storytelling”

Famiglie che si aiutano, badante di condominio, baby sitter condivisa, co-abitazioni, orti di quartiere, piattaforme digitali, hub territoriali, biblioteche aperte, cortili sociali.

In una logica di sharing economy applicata al sociale si stanno moltiplicando iniziative e dibattiti. L’impressione condivisa è che il formato tradizionale di servizi che danno e di utenti che ricevono va stretto in molti casi e in molti ambiti, va superato, va ripensato.

Serve un nuovo sguardo, il passaggio da una centratura su “servizi-che-offrono” a una sulle attività della vita quotidiana: abitare, prendersi cura, lavorare, educare. I servizi non più come i soggetti delegati a fornire risposte, ma attori fra gli altri: attivatori di risorse, relazioni, connessioni.

Se al posto di avviare un nuovo centro di aggregazione giovanile coinvolgo, in un percorso di coprogettazione, un oratorio, due associazioni e un gruppo di volontariato, sto dando valore a ciò che questi fanno, spendo meno come ente pubblico e genero una ricaduta che può essere amplificata. Se ripenso il Servizio di assistenza domiciliare in un’agenzia che si avvale di badanti formate, e le collega con una serie di prestazioni diverse offro qualcosa che non costa di più ma che può rispondere molto di più ai bisogni degli anziani.

Che cosa è il welfare collaborativo? Sono azioni che fanno dell’aiuto tra pari, dello scambio, della reciprocità il loro perno. Esistono diverse forme di collaborazione. Se sono mamma e lavoro part time posso seguire i figli di altri, e questo poi mi viene ricambiato quando sono io al lavoro. Oppure: un orto urbano ha bisogno di un coordinamento e riesce se ci si aiuta a vicenda. O ancora: se sono portatore di disabilità psichica posso vivere in una comunità indipendente insieme ad altri in condizioni analoghe.

Certo, i servizi essenziali, quelli rivolti alle fragilità evidenti, alle discriminazioni, devono continuare ad esistere come strumenti di tutela dei diritti, livelli essenziali di assistenza. Ma senza deprimere gli spazi di crescita di questo insieme di esperienze collaborative, che arricchiranno la rete dei servizi più consolidati. E forse ne modificheranno la stessa conformazione.

Una ricerca: Welco

Abbiamo concluso un progetto sul welfare collaborativo chiamato “#WELCO”. Promosso da Irs e sostenuto da Cgil, Spi Cgil e Fnp Cisl Lombardia, tre cooperative sociali (Genera, La Cordata e il Melograno), le Acli milanesi e il Comune di Milano. Per iniziare a decifrare questa galassia e a raccogliere evidenze in relazione alle possibilità che vanno aprendosi. E per superare la retorica con poche evidenze che spesso circonda questa realtà e che non ci aiuta a capire.

Come si configura il welfare partecipativo e collaborativo in Lombardia? Sotto quali forme e in quali campi si esprime? Attraverso quali esperienze? Quali i punti di forza e di debolezza? Quali criticità? Quali prospettive?

Per rispondere a queste domande ci siamo concentrati su quasi 70 progetti, distribuiti in sei aree:

Presenteremo i risultati del lavoro e il relativo rapporto di ricerca il 24 maggio a Milano, durante un incontro al quale è possibile iscriversi online direttamente a questo link.