Disuguaglianza sociale: i figli di famiglie povere vengono bocciati sei volte di più

In un’Italia in cui le famiglie con minori in povertà assoluta sono quintuplicate in dieci anni, non sempre la scuola riesce a colmare le disparità. La disuguaglianza sociale condiziona il rendimento scolastico: il tasso di ripetenze è sei volte maggiore nelle scuole che presentano un indice socio-economico e culturale più basso. Ogni anno oltre 130mila ragazzi sono a rischio dispersione scolastica. Questi alcuni dei dati contenuti nell’VIII Atlante dell’infanzia a rischio ‘Lettera alla scuola’ presentato oggi in anteprima da Save the Children, pubblicato da Treccani e disponibile nelle librerie italiane dal 23 novembre. “Un viaggio attraverso l’Italia con gli occhi dei bambini – spiega l’organizzazione – partendo dalla scoperta del luogo più strategico dell’infanzia, la scuola e delle sue risposte alle sfide di oggi”.

POVERTÀ, DISUGUAGLIANZA E RENDIMENTO – In Italia vivono 669.000 famiglie con minori in condizione di povertà assoluta che, una volta sostenuti i costi per la casa e per la spesa alimentare, possono spendere solo 40 euro per la cultura e 7.60 per l’istruzione al mese. È un fenomeno che investe tutto il paese: i bambini in tale situazione – 1.292.000, il 14% in più in un anno – rappresentano il 12,5% del totale dei minori (il 12% al Nord, l’11,6% al Centro, il 13,7% al Mezzogiorno). La correlazione tra la condizione socio-economica e il successo (o l’insuccesso)scolastico in Italia è più forte che altrove: nelle scuole che presentano un indice socio-economico basso l’incidenza di ripetenze rispetto alle scuole con un indice elevato è 23 punti percentuali maggiore, laddove la differenza media nei paesi Ocse è del 14,3%. Uno studente di 15 anni su 2 (il 47%) proveniente da un contesto svantaggiato, inoltre, non raggiunge il livello minimo di competenza in lettura, otto volte tanto rispetto a un coetaneo cresciuto in una famiglia agiata.

LA DISPERSIONE SCOLASTICA – Tra i bambini e i ragazzi che vivono in condizioni di disagio è ancora elevato il rischio di dispersione scolastica: nelle scuole secondarie di secondo grado il tasso di abbandono in un anno è stato del 4,3%, pari a 112mila adolescenti, mentre in quelle di primo grado il tasso scende all’1,35%, che corrisponde a 23mila alunni. “Sebbene negli ultimi decenni siano stati compiuti importanti passi in avanti nel contrasto alla dispersione scolastica – sottolinea Save The children – con una tendenza positiva che ha visto il tasso di abbandono abbassarsi progressivamente dal 2008 a oggi, il fenomeno della dispersione continua a rappresentare una delle principali sfide con cui la scuola italiana deve fare i conti, come mostrano i nuovi dati dell’anagrafe nazionale studenti del MIUR resi disponibili nell’Atlante”. Tra i ragazzi delle secondarie di II grado, possibilità superiori di abbandono sono registrate tra i maschi, in particolare tra coloro che vivono nelle regioni del Mezzogiorno, soprattutto in Campania e Sicilia e tra quelli con i genitori di origine straniera. Il divario non è solo tra ItaliaEuropa, ma anche tra Nord e Sud del territorio nazionale: nel Settentrione i 15enni in condizioni socio-economiche svantaggiate che non raggiungono le competenze minime nella lettura sono il 26,2%, cifra che sale al 44,2% nel Meridione.

MOTIVAZIONI E ANSIA SCOLASTICA – La crisi economica, inoltre, rischia di avere un effetto negativo anche sulla motivazione degli studenti. In Italia meno di un giovane laureatosu 2 ha un lavoro (nell’Unione Europea il 71,4% di chi ha terminato l’università trova un’occupazione, in Italia appena il 44,2%, nel Mezzogiorno il 26,7%). Non sorprende, dunque, che gli ‘scoraggiati’ tra i 15 e i 34 anni, che hanno smesso di cercare un’occupazione, siano cresciuti del 43% in dieci anni, raggiungendo quota 420mila, 340mila di loro al Sud. La scuola italiana, poi, è vissuta con preoccupazione da molti alunni: il 56% studia con grande tensione, il 70% prova molta ansia prima di un test anche se preparato, il 77% si innervosisce se non riesce a eseguire un compito a scuola, l’85% teme di prendere brutti voti. Sentimentiche pongono il paese al primo posto, insieme al Portogallo, nell’indice elaborato dall’Ocse sull’ansia scolastica.

Si assiste poi a due tipi di fenomeni opposti. Con l’aggravarsi dellecondizioni socio-economiche di molte famiglie, tanti bambini non hanno accesso ad attività culturali. Sei ragazzi su 10 (il 59,9%) tra i 6 e i 17 anni in un intero anno non arrivano a leggere almeno un libro, fare sport in modo continuativo, andare aconcerti, spettacoli teatrali, visite a monumenti e siti archeologici, visite a mostre e musei e non hanno accesso ainternet. Mentre i bambini in condizioni svantaggiate non accedono mai, in un anno, al web, c’è una folta schiera diultraconnessi: in Italia quasi un 15enne su 4 (23,3%) risulta collegato a internet più di 6 ore al giorno, ben al di sopra dellamedia Ocse ferma al 16,2%. L’età in cui un bambino riceve ilprimo smartphone è scesa a 11 anni e mezzo (erano 12 e mezzo nel 2015), l’87% dei 12-17enni ha almeno un profilo social e uno su 3 vi trascorre 5 o più ore al giorno.

UNA SCUOLA (NON) A MISURA DI BAMBINO – Con solo il 4% del PIL nazionale speso nel settore dell’istruzione, contro una media europea superiore del 4,9%, non è facile per la scuola pubblica offrire una risposta alle problematiche che incontra. Così, ad esempio, il 41% delle scuole secondarie di I grado lamenta una scarsa dotazione di laboratori e ambienti diapprendimento adatti a sperimentare nuove prassi didattiche, con 4 scuole su 10 che possono fare affidamento su meno di unlaboratorio ogni 100 studenti. Solo il 17,4% degli istituti (una scuola su 6) è dotato di almeno una palestra in ogni sede, mentre, sebbene quasi tutte abbiano una biblioteca, meno di 3 su 4 danno la possibilità di effettuare un servizio prestito e meno di un terzo del patrimonio librario risulta utilizzato. Evidente il divario tra Nord e Sud: se in Settentrione 2 biblioteche su 3 sono dotate di almeno 3mila volumi, in Meridione lo è solo una su 3.

DALLA DENATALITÀ ALLA SFIDA DELL’INCLUSIONE –Tra i fenomeni che condizionano la scuola di oggi anche la denatalità: in cinquanta anni gli under 15 sono passati da 12 a 8 milioni, perdendo circa un terzo della popolazione in età della scuola dell’obbligo: l’Italia conta 165 anziani ogni 100 bambini sotto i 14 anni. Nonostante la tendenza fosse stata invertita dall’ingresso di molti bambini di origine straniera, negli anni scolastici dal 2015/2016 a quello in corso è stata registrata un’ulteriore contrazione di 100mila alunni. Nel caso in cui questo trend proseguisse, tra cinque anni ci saranno 361mila alunni in meno e tra dieci 774mila. Lo scenario somiglierebbe a quello che oggi già sperimentano da numerose aree interne: qui le scuole secondarie di primo grado sono presenti solo nel 60% dei comuni e quelle di secondo nel 20%. Sebbene il numero totale di alunni diminuisca, aumenta invece quello dei bambini di origine straniera, che rappresentano il 9,2% degli studenti; tra coloro che non hanno la cittadinanza italiana il 58,7% è nato nel nostro Paese. Di fronte alla sfida dell’inclusione, tuttavia, solo nel 2,2% delle scuole del primo ciclo gli insegnanti ricevono una formazione specifica.

Fonte: ilfattoquotidiano.org