Si è spenta a Torino all’età di 82 anni Aida Ribero, da oltre 50 anni protagonista delle maggiori battaglie per i diritti civili, e per i diritti delle donne in particolare. Docente, giornalista, saggista ha collaborato a La Stampa, La Repubblica, Noi Donne ed è stata attivista in prima linea nel Coordinamento Giornaliste del Piemonte, nella Casa delle Donne di Torino, nel Gruppo di studio del Concorso Lingua Madre. Ha concorso a fondare il Coordinamento contro la Violenza e Telefono Rosa di Torino ed il Centro Studi e Documentazione sul Pensiero Femminile di cui è stata presidente per otto anni. Proprio qui ha dato vita a tanti incontri, laboratori, convegni, progetti, prima fra tutte la collana “Donne del Piemonte” (edita da Seb27) dedicata alla storia e all’attività culturale, sociale, artistica e sportiva delle donne nella regione.
Altrettanto importante la sua produzione saggistica. A lei si deve la prima preziosa ricostruzione del femminismo degli anni Settanta con il volume “Una questione di libertà” (Rosenberg & Sellier, 1999), dove le immagini delle differenti correnti e posizioni all’interno del movimento trovano spazio e danno luogo a una sintesi inedita. Tra i suoi libri più noti, anche “Glossario. Lessico della differenza” (CRPO, 2007), “Procreare la vita, filosofare la morte. Maternità e femminismo” (Il Poligrafo, 2011). Profondo e suggestivo insieme di scrittura e immagini sono poi state le mostre “Con forza e intelligenza” e “Dall’uguaglianza alla differenza”, dedicate al movimento femminile in Italia; così come “Il corpo imprigionato” sulle costrizioni e le violenze inferte alle donne nelle diverse epoche storiche, culture e paesi.
Da non dimenticare l’impegno politico a fianco del compagno Pietro Chiodi, celebre filosofo e partigiano (nel libro “Il partigiano Johnny”, Beppe Fenoglio si ispirò proprio a Chiodi per tratteggiare la figura del patriota Monti), e il lavoro svolto – dopo la sua morte prematura – per la divulgazione dell’opera di Chiodi su Heidegger e della sua figura di militante antifascista.
Nei libri di Aida Ribero, come lei stessa spiegava, si può leggere in controluce anche il percorso di una donna cresciuta nella profonda provincia piemontese (la famiglia era originaria di Caraglio) che grazie all’impegno politico (nel Pci, che lasciò dopo i fatti d’Ungheria) è sfuggita ad un ambiente ristretto, un po’ bigotto, privo di slanci ideali e che poi ha realizzato la sua autentica vocazione attraverso il femminismo, lottando per l’emancipazione, ma soprattutto la liberazione della donna. Profondo il suo desiderio di comunicare questa esperienza alle nuove generazioni: “Temo la smemoratezza – scriveva Aida – e voglio che le ragazze di oggi sappiano perché e per chi sono così diverse dalle loro madri”.
Fonte: torino.repubblica.it