Denunciato dal figlio (40enne) rifiutato: padre condannato a risarcire un danno di 20mila euro

ROMA – Condannato il padre denunciato dal figlio per non averlo riconosciuto: dovrà risarcirgli un danno esistenziale conseguente alla ‘privazione della figura paterna’ di 20 mila euro. La sentenza del tribunale civile di Matera ha “acclarato la mancata presenza e partecipazione del padre alla vita del figlio nel corso degli anni” che ha configurato una situazione di ‘illecito endofamiliare’. Quel figlio rifiutato, osserva il tribunale, durante la sua crescita ha subìto “rilevanti pregiudizi dei diritti della personalità”.

Protagonisti di questa storia di mancato amore paterno, il figlio rifiutato,Vincenzo Trani (oggi 45enne, procuratore di promesse del calcio). E Giovanni Sanchirico (comandante dei vigili di Tursi, cittadina in provincia di Matera), l’uomo accusato di non aver fornito “adeguato sostegno” a quel figlio che non aveva mai voluto riconoscere.

“È la prima volta – spiega Luciano Vinci, l’avvocato di Trani – che viene fatto un procedimento di questo genere intentato direttamente da un figlio ormai adulto. In genere, queste cause vengono promosse dalle madri quando i figli, minori, non vengono riconosciuti dai padri”. Costituisce una vera e propria anomalia dal punto di vista umano e giuridico il fatto che la causa sia stata fatta da un uomo di 40 anni.

Ma è stata la mancanza di amore paterno che ha fatto scattare in Trani la volontà di “rivalsa” nei confronti del mancato genitore.

“Ho denunciato mio padre per essersi rifiutato di considerarmi suo figlio”, racconta Vincenzo Trani. “Il paesino dove sono nato è piccolo, appena 5mila abitanti – aggiunge – e in quella cittadina incontravo spesso quello che sapevo essere mio padre. Quando, da bambino e poi da ragazzino, lo incrociavo, mi aspettavo da lui una carezza, un abbraccio, un bacio. Un segno d’affetto e d’amore”.

“E invece – continua – da lui non arrivava niente. Faceva finta di non vedermi, di non conoscermi. E io soffrivo. Quella sofferenza ce l’ho dentro di me. E me la porterò tutta la vita. Ho deciso di citarlo in tribunale civile per fargli capire quanto dolore mi ha procurato quel suo atteggiamento di rifiuto”.

“L’unica cosa che mi dà la forza di reagire oggi – confessa Trani – è essere diventato padre e regalare a mia figlia quell’amore paterno che io non ho avuto la fortuna di ricevere”.

La sentenza (giudice Antonello Vitale, presidente Giorgio Pica) contiene anche una importante novità giuridica. È forse la prima volta, infatti, che in una causa di risarcimento non patrimoniale il giudice afferma che il danno è dimostrato dal fatto in sé, ovvero dal mancato riconoscimento genitoriale.

In sostanza, Vincenzo Trani non ha dovuto dimostrare quali danni abbia subìto dal non avere avuto il sostegno morale e materiale del genitore, come per esempio dolorose sofferenze psicologiche, o mancate aspettative di carriera per non aver potuto intraprendere gli studi universitari. Il danno di non avere potuto beneficiare del ‘bene-padre’, per il giudice di Matera, è un fatto di per sé più che sufficiente.

“La mancanza di supporti del padre nel corso del tempo – scrivono a tal proposito i giudici – non ha consentito al figlio un percorso di vita e di crescita qualitativamente migliore”, essendo stato costretto il ragazzo senza padre “a vivere con il solo reddito della madre”.

Trani è stato dunque “privato di diverse attività realizzatrici della persona che avrebbero potuto comporre il compendio della sua crescita psico-fisica”. Ecco perchè, secondo i giudici, “si è configurato il conseguente danno non patrimoniale esistenziale da privazione della figura genitoriale paterna, a causa del comportamento consapevole e colposo del padre”.

 Fonte:  repubblica.it