Aggiungo che sono contenta che ci si preoccupi delle donne con figli piccoli. Ma i figli continuano ad avere bisogno di tempo e cura anche dopo i 3 anni. La maggioranza delle scuole elementari e medie funziona a mezza giornata. Questo non ci interessa? Non tutti i bambini hanno nonni disponibili, non tutti hanno la possibilità di svolgere altre attività dopo la scuola, quindi quando sono a casa, alcuni non hanno nulla e questo pone un problema di pari opportunità tra bambini. Per non parlare dei problemi di cura degli adulti e anziani: c’è pochissimo nei programmi politici sulle misure di sostegno per le persone non autosufficienti, che sono per lo più affidate alla cura familiare. Dovremmo avere una visione sull’intero ciclo di vita quando pensiamo alle politiche sociali.
Infine, avere un’occupazione decente è cruciale per l’autonomia delle donne. Ha anche un effetto protettivo dalla povertà per le loro famiglie, i loro figli. Una delle cause dell’incidenza elevata della povertà minorile nel nostro paese, e della povertà nelle famiglie in cui pure c’è un lavoratore, accanto ai bassi salari di alcune occupazioni, è l’elevata incidenza di famiglie mono-percettore di reddito, dovuta al basso tasso di occupazione femminile. Il che spiega anche in larga misura la forte concentrazione di povertà nel mezzogiorno. La maggioranza dei minori in povertà vive in famiglie in cui c’è almeno un occupato, soprattutto se hanno fratelli e sorelle: perché un solo reddito da lavoro modesto non è sufficiente a fronte della numerosità della famiglia. Viceversa, l’incidenza della povertà si dimezza (nel caso della povertà assoluta) quando gli occupati sono due. La prima protezione contro la povertà minorile è dunque avere la mamma che lavora.